lunedì 22 aprile 2013

Il mondo che vogliamo, imprevedibile e imponderabile.

“Ecco perché scrivo di terre condannate ... (dove) la realtà é tanto più incredibile di ogni finzione e riesce a creare mondi che l’immaginazione considererebbe improbabili”. (Saviano, “L’Espresso”, 4 aprile 2013).

I fatti che accadono sotto i nostri occhi, ogni giorno, nei quartieri di periferia come nelle aule parlamentari, dimostrano quanto sia inadeguato il nostro sistema socio-economico e politico.
Oggi, nella “repubblica delle idee”, si discutono i presupposti per una nuova concezione del vivere civile, in cui sia possibile coniugare il sapere soggettivo con i principi della ricerca scientifica, la ragione e la fede. La vera difficoltà sta nel concepire qualcosa di accettabile per tutti.
La vicenda di Napolitano, eletto primo cittadino per la seconda volta, dimostra che è proprio l’evento “imprevedibile”, che tutti temono - salvo poi considerarlo, con Edgar Morin, benefico e risolutivo, quando il corso degli eventi appare tanto disastroso e senza vie d’uscita (cfr: ci salverà forse l’imponderabile - “La Repubblica” del 2 gennaio 2013) - quello che ci salva, o ci fa ulteriormente sprofondare.

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