La "Triade Terranea"

di Giuseppe Romano

Per antica consuetudine, il numero "3" indica ciò che ai nostri occhi appare perfetto, come, ad esempio, la bellezza in sé e l’armonia dei ritmi naturali scanditi dalla terna Sole-Terra-Luna. Dal “3” discendono la triade, il ternario, la trinità e varie altre raffigurazioni che ci riportano al mondo arcaico e alla mitologia.
Aggiungiamo ora, al nutrito panorama iconografico già noto, una triade del tutto inedita, cui ho assegnato il nome di “terranea”.
Attraverso di essa, si vuole evidenziare un aspetto caratteristico della nostra complessa realtà biologica, che posso così sintetizzare: esiste, radicata in ogni essere umano della Terra, una genìa avente, per sua essenza o ragione, il compito di guidare l'uomo nell’affermazione della propria identità naturale, che è “umana” e “terrena”.
In altre parole, con la genìa l'uomo costruisce e rafforza i caratteri biologici della sua esistenza terrena, e quindi - adattandosi e confrontandosi con l’ambiente naturale in cui si trova a vivere - il destino proprio e quello della sua comunità, se non della sua stessa “specie”. L'uomo è portato costantemente a rinnovare la propria identità e ciò avviene per opera della genìa, in un periodo determinato del suo ciclo biologico.

E' la "genìa", perciò, a far emergere la sua radice terrena e l’attaccamento alla Vita, che sono le condizioni fondamentali per il suo ciclico rinnovamento.
Alla triade terranea va allora il compito di raffigurare quel processo naturale, che fa capo alla suddetta genìa, in forza del quale si manifesta e opera l’Intelletto umano, inteso come polo delle attività cerebrali superiori.

Per cominciare, diciamo intanto che il numero "3" si presta per indicare la direzione Ascendente, quella che sul piano dell'Orizzonte coincide con l'Oriente, ossia con il punto in cui ogni giorno si leva il Sole a formare l’aurora. Questo punto corrisponde nel quadrante delle direzioni cardinali alle ore "3" dell’orologio. In questo senso, il tre è la vita che prorompe, è lo sbocciare, l’avvio concreto verso la luce piena e quindi, per antonomasia, l’attimo più fulgido e fortunato della vita stessa. Si spiega così il senso che diamo al numero "3", della “vita che sboccia”, della vita protesa verso la sua piena essenza ed aurea manifestazione.

Sappiamo ugualmente, dalla numerologia, che il numero "4" trasmette invece il senso dell'ordine simmetrico, del blocco perenne e inamovibile, di cui la natura si fa carico per garantire la necessaria stabilità di ogni suo meccanismo, e quindi anche il senso della stasi che in ogni ciclo segue o precede il movimento. Il "3" raffigura il senso della vita e del movimento, il "4" il senso dell'equilibrio connesso alla totalità e perciò la “fine” stessa, in quanto ci appare di per sé immanente e ineluttabile.
Per questa ragione, i “4” Re Magi sono diventati nella cultura popolare “3”. E' noto, infatti, ormai a tutti, che in quattro fossero partiti, dai (4) “angoli” del mondo, e nonostante ciò, ci ostiniamo a indicarne solo "3" davanti alla capanna del Redentore. I loro doni erano la Mirra, che rappresenta l’elemento Acqua, l’Oro l’elemento Fuoco e l’Incenso l’elemento Terra. Non ci meraviglia, quindi, che manchi il quarto dono, giacché rappresenterebbe proprio l’elemento Aria, da sempre associato all’Occidente, che è appunto il luogo dove tramonta il Sole, raffigurato peraltro dai Maya con il colore nero.

L’operazione "3" in luogo di "4" non è nuova: gli antichi enumeravano solo tre stagioni anziché quattro, ad esempio l’inverno, la primavera e l’estate; la quarta più che una stagione, era un periodo di transizione tra un ciclo annuale e il successivo 1.
Un altro esempio ci viene dai segni zodiacali, che sono in tutto dodici e quindi tre per ciascuna stagione. Iniziamo dalla primavera, abbiamo nell’ordine: l’Ariete, segno di Fuoco, il Toro segno di Terra e i Gemelli segno d’Aria. Mancherebbe quindi un segno, perciò anche in questo caso mancherebbe il quarto segno, che dovrebbe rappresentare l’elemento Acqua. Si noti però che un segno d’Acqua precede la primavera (i Pesci) e un segno (il Cancro) la segua. Non è dunque casuale che il segno associato all’elemento Acqua manchi dal novero dei segni primaverili. Lo stesso vale per le altre stagioni: in quella estiva manca l’elemento Aria, ma è preceduta da un segno d’Aria (i Gemelli) ed è seguita da un segno d’Aria (la Bilancia), e così è per la stagione autunnale con l’elemento Terra e per quella invernale con l’elemento Fuoco.
Il fatto che manchi un elemento ben preciso in ciascuna stagione o meglio, che siano sempre attivi tre elementi su 4, sta ad indicare che uno dei quattro elementi è da considerarsi al di fuori del processo fisico-biologico che caratterizza quella data stagione. L’acqua, infatti, tornando al nostro esempio, non favorisce i meccanismi naturali che agiscono nella stagione primaverile, nella quale deve dominare ed esprimersi il concetto di forza, ciò che serve a produrre la “spinta” necessaria per far ripartire il nuovo ciclo annuale dopo la pausa invernale. Per potersi esprimere al meglio, la forza richiede calore e rifiuta appunto l’acqua che, producendo umidità, determinerebbe il raffreddamento e il conseguente impoverimento dell'organismo fisico al lavoro in quel momento. Questo stesso processo fisico-biologico si ripete identicamente per le altre stagioni. 
Anche nei segni zodiacali abbiamo perciò, a buona ragione, corretto la quaterna in una terna e i segni, che erano appunto originariamente “16”, sono diventati definitivamente “12”, come appunto li vediamo nello Zodiaco post-tolemaico di Tycho Brahe.

Un altro esempio è dato dalle fasi lunari. In passato, si tendeva a non considerare la fase della Luna "nuova", perché il disco lunare è invisibile, sta nascendo: da qui deriva la diffusa credenza che durante l'eclisse solare, in cui la Luna diventa “nuova” ricoprendo il Sole, le nascite fossero particolarmente delicate e a volte addirittura funeste. E tuttavia, ancora oggi, facciamo molta attenzione di fronte a questi fenomeni naturali; sappiamo che un simile evento coincide con il momento più “critico” del ciclo soli-lunare: il Sole e la Luna sono infatti perfettamente allineati con la Terra che, trovandosi in una posizione “esterna” rispetto ai due luminari, ne risulta per così dire indebolita.
Sono ancora tanti gli esempi. Li possiamo trovare nella letteratura, pensiamo ai tre moschettieri, perché “3” e non “4”? 2; nell’iconografia simbolica (i vari trittici); nella cultura scientifica tradizionale (pensiamo ai tre assi cartesiani); in quella ermetica (zolfo, mercurio e sale), e così via.

Dalle argomentazioni fin qui esposte, ci sembra allora di poter dedurre una regola: la soppressione dell'“uno dei quattro” - e conseguente formazione della triade - è avvenuta in tutti i tempi e i luoghi del processo evolutivo come un’operazione correttiva della realtà intelligibile, compiuta dall’uomo essenzialmente per conservare e procrastinare quel senso dinamico della vita che dal numero "3" pare discendere. Vorrei aggiungere: nell’intima e artificiosa speranza di ritardare ogni e qualsivoglia “conclusione”, da ritenersi dal punto di vista fenomenico sempre e comunque prematura.

In campo religioso, la triade è nata per dare un senso di pienezza e di popolarità all’ispirazione divina, ma non si può anche qui escludere che l’operazione sia di fatto servita per esaudire le più intime aspettative umane. In nessun caso, l’uomo non avrebbe gradito un'entità superiore che non fosse per lo meno "triadica" e meno che mai "quadratica", per le ragioni qui sopra esposte. A riprova, il fatto che tutti i popoli antichi veneravano "3" divinità fondamentali: si pensi alle numerose triadi che ci ha consegnato la Storia, ad esempio, quella romana Iuppiter-Mars-Quirinus, l’equivalente triade germanica Odhinn-Thorr-Freyr3, la “triratua” (o triplice gioiello) Buddha-Dharma-Sangha4, e ancora la ben nota Osiris-Isis-Horus e quella indù Shiva-Brahma-Vishnu e così tutte le altre più o meno famose triadi.

Così come nel campo religioso l’uomo ha trovato nella triade sovrumana, costituita dal Padre, dal Figlio e dallo Spirito Santo o Verbo Divino, il modello attraverso il quale esprimere il proprio innato bisogno di trascendere la realtà oggettiva per far emergere la propria spiritualità, tendente, peraltro, a ristabilire l’unicità e la superiorità o immanenza dell’essere; così dal bisogno ugualmente innato di comunione e di partecipazione alla vita terrena nasce nell’uomo l’ordinativo assoluto di comporre e alimentare il proprio focolare di vita, trasmettere i propri comuni valori etici, conoscere e indagare la materia stessa per accrescere la “Coscienza”, con la quale costruire il proprio comune Destino.
Viene perciò naturale pensare all’esistenza di una triade appunto terranea, la cui finalità sarebbe quindi quella di accogliere e guidare le istanze più propriamente euristiche dell’uomo in un arco, ben preciso, della sua esistenza terrena. La più idonea per rappresentare e condividere l'intelligibilità della materia umana è quindi la triade costituita dalla Madre, dalla Figlia e dalla mediatrice “Coscienza" interiore.
La Madre può essere raffigurata – come in passato – da Maria, Rea, Cibele, Giunone o Gea, Demetra, la stessa Vesta: è quindi la “Necessità” terrena, colei che sovrintende all’atto biologico della nascita della vita umana, atto mediante il quale la vita stessa si rinnova e si rigenera; colei che, rendendosi casta e gravida, è, allo stesso tempo, genitrice di Vita e di Conoscenza. In chiave macrocosmica: il pianeta Saturno.
La Figlia è Urania, dispensatrice - come in passato la Fenice - del sapere cosmico, raffigurabile quindi con la “Ratio”: colei che sovrintende alle funzioni superiori dell’Intelletto umano, come la creatività ed il desiderio impulsivo di libertà e rinnovamento; perciò colei che prestando lo “spunto” per l’attività cerebrale, rende possibili i meccanismi fisiologici ad essa collegati. In chiave macrocosmica: il pianeta Urano.
E infine la “Coscienza”, raffigurata da Nemesi, colei che favorisce la trasformazione del Sé, l’atto attraverso il quale l’essere umano diviene soggetto capace di perpetrare la Vita, facendola emergere quale desiderio di luce. In chiave macrocosmica: il pianeta Nettuno.
In termini simbolici, la Madre è la Terra, intesa come materia che ci sostiene e ci alimenta, la Figlia è il Cielo Stellato, e la Coscienza è il Mare che, appunto, è per il nostro pianeta ciò che il liquido amniotico è per il feto.
La triade così definita si pone, come dicevamo, in antitesi alla triade divina, quasi a rappresentare un “progetto” ben strutturato di una parte della nostra “struttura” vivente, risulta perciò una componente importante del microcosmo umano, che l'uomo deve imparare a riconoscere in sé, per meglio comprendere la propria complessa alchimia biologica. La conoscenza stessa dei meccanismi naturali umani resterebbe altrimenti limitata alla già troppo consumata trasposizione triadica di Spiritus-Anima-Corpus, che pure discende dall’originaria e sempre attuale Cielo-Terra-Uomo.
Se pensassimo che la triade umana appena accennata, Madre-Terra, Figlia-Cielo Stellato e Coscienza-Mare – dove Mare significa luogo di genitura della vita e quindi mezzo per il superamento delle tenebre - sia trascurabile e insignificante nella teogonia cosmologica moderna, commetteremmo un errore di cui sarebbe appunto la stessa comune Coscienza interiore a risentirne, portandoci a uno stato evolutivo sempre più oscuro e ineluttabile, ancorché tecnologicamente avanzato.

L'obiettivo è riscoprire appunto i valori più significativi della nostra identità, ciò che permette all'uomo di sentirsi centro naturale di un sistema costituito, lungo l’asse Nord – Sud, dal polo superiore, associato allo Zenit o Medium Coeli, e dal polo inferiore, associato al Nadir o Imum Coeli e, lungo l’asse Est – Ovest, dalla direzione definita Levante o “Ascendente” e quella opposta definita Occidente o “Discendente”.

Troveremmo che è possibile costruire anche per queste due direzioni cardinali, ”Ascendente” e “Discendente”, delle forme triadiche con le quali rappresentare altri aspetti della complessa attività umana, come abbiamo appena mostrato con il polo cosiddetto “terraneo”, che abbiamo associato al Nord e al medium coeli5.

Infine, potremo finalmente tracciare il quadrante completo del microcosmo umano e, a quel punto, arriveremmo forse a conoscere meglio la relazione esistente tra il microcosmo umano e il macrocosmo. 



Articolo pubblicato su “Elfo”  - Giornale dell’A.S.S.A - Inverno 2000, Anno XII N.° 37



Note:
1) Hermann Usener, Triade - Saggio di numerologia mitologica - (178) Guida, 1993
2) Reinhard Brandt - D'Artagnan o il quarto escluso - Feltrinelli, 1998
3) Georges Dumézil, Gli Dei dei Germani - (38) Adelphi, 1984 
4) René Guenon, La Grande Triade - (190) Adelphi, 1994
5) In virtù del moto “apparente” del Sole rispetto alla Terra, dato dalla rotazione della Terra intorno al suo asse, le due direzioni cardinali – Est e Ovest - appaiono nello Zodiaco invertite: ponendoci con le spalle al Nord, Est appare alla nostra destra ed Ovest alla sinistra, per cui Mezzogiorno appare a Nord e Mezzanotte a Sud.








Nessun commento:

Posta un commento