Il punto di vista della dottrina astrologica -
(pubblicato su “Elfo” – Estate 1997 – Anno IX N.° 25)
Il torto della concezione deterministica è quello di vedere il passato dal punto di vista del presente, il che ci fa credere in una causalità che in partenza poteva non esistere. Il semiologo Jurij Lotman affermava che questo ci accade, ad esempio, in campo letterario, quando giudichiamo la trama di un romanzo partendo dalla sua conclusione, perché allora cancelliamo inconsciamente tutte le eventualità escluse, le scelte scartate, finendo con l’alterare i reali contenuti di partenza. Il comportamento limite, in questo caso, è infatti quello di creare a ritroso una trama diversa da quella effettiva ma più gratificante.
Ciò avviene, a mio parere, anche oggi nel campo delle scienze cosiddette naturali; l’errore in questo caso sta nella visione deterministica fondata sostanzialmente sul principio di causa ed effetto.
Se un simile approccio è d’obbligo in laboratorio, dove si producono le cause e si osservano in tempo reale gli effetti, è senza dubbio insufficiente quando vogliamo invece indagare i meccanismi di un dato evento naturale.
L’uomo ha iniziato ad interrogarsi sulle cause dei fenomeni naturali al tempo degli atomisti e dei presocratici greci. Prima di allora gli eventi naturali apparivano come fenomeni dovuti a forze sovrannaturali di cui si cercava di interpretare il volere. La Natura veniva cioè osservata e per quanto possibile assecondata. Anche lo studio degli astri, che risale a più di 4000 anni fa, doveva appunto servire per trarre dall’osservazione della volta celeste suggerimenti ed auspici utili alla vita di tutti i giorni.
Il compito di interpretare il significato più profondo dei fenomeni naturali era affidato ai filosofi, agli scienziati e agli astrologhi, tra i quali – va ricordato – non vi era a quel tempo alcuna distinzione.
Uno dei primi studiosi delle attività naturali fu Empedocle, il quale introdusse la cosiddetta teoria dei 4 elementi, che considera il Mondo come costituito da una mescolanza di 4 elementi ritenuti basilari: Terra, Acqua, Aria e Fuoco. Per cui, ogni attività naturale era vista come risultato della contrapposizione e della alternanza tra forze uguali e di segno opposto: la forza dell’Amore e la forza della Discordia.
Il dibattito sulla causalità dei fenomeni naturali trovò quindi in Platone ed Aristotele i primi accesi concorrenti. Da uomo di scienza, Aristotele cercò di organizzare le varie manifestazioni naturali dal punto di vista fisico-meccanico. Rappresentò quindi lo spazio materiale come un tutto suddiviso in 4 livelli: al centro (in accordo con la teoria geocentrica) pose la terra, al 2° livello l’acqua, poi l’aria e più in alto il fuoco.
Poté cosi affermare che ciascun corpo ha la proprietà di indirizzarsi verso il suo elemento di provenienza: il fuoco tende per questo verso l’alto, la terra verso il basso.
Questa concezione restò più o meno valida fino a Galileo, a Lui dobbiamo infatti la famosa teoria secondo la quale “corpi materiali diversi lasciati cadere liberamente, raggiungono il suolo nello stesso istante”. Ma già Cartesio aveva formulato un nuovo principio, noto oggi come 1° principio della dinamica, secondo il quale: in assenza di forze, i corpi si trovano in uno stato di quiete o di moto rettilineo uniforme.
Cartesio dunque con questa nuova impostazione concettuale aveva aperto la strada verso la scoperta di quella proprietà fondamentale di tutti i corpi che va sotto il nome di “inerzia”.
Nacque cosi, con Galileo, Cartesio, e più tardi con Newton, la cosiddetta forza d’inerzia ossia la reazione naturale di un corpo nei riguardi di una sollecitazione che tenderebbe a modificarne lo stato di equilibrio.
Newton stesso fece infine il passo definitivo, quello cioè di scoprire il valore di quella forza che faceva accelerare i corpi verso il basso indipendentemente dal loro peso. E fece nascere la forza di gravità.
E’ quindi per opera di Einstein che viene formulato il principio di uguaglianza tra massa gravitazionale e massa inerziale. Talché, paradossalmente, possiamo definire gravità “quella forza che consente ad un corpo di manifestare la propria inerzia”.
Oggi, l’uomo sta riscoprendo il valore delle antiche dottrine e cosi, per merito di Dane Rudhyar, astrologo e psicologo americano di origine francese, scomparso a fine secolo scorso, ritorna e viene ribadita la stessa visione – che fu di Empedocle – di una realtà vitale fatta di due componenti essenziali, la forza – Giorno e la forza – Notte.
D’altronde, a guardar bene, la duplice azione che la gravità e l’inerzia esercitano sull’uomo fa ritenere che ogni essere vivente sia soggetto ad una natura nella quale appunto le forze agenti siano 2 a 2 uguali e contrarie, come lo sono l’aria e la terra, il fuoco e l’acqua.
La Natura avrebbe quindi il suo fondamento nel dualismo delle forze inteso non nel senso meccanicistico di passaggio da una causa ad un effetto, ma come teatro di eventi generati dall’alternanza e dalla contrapposizione di forze tra loro antitetiche, come la forza dell’Amore e della Discordia di Empedocle, la forza – Giorno e la forza – Notte di Rudyar.
Possiamo anzi ritenere che è nella simultaneità di tali eventi e non nella loro apparente causalità, che si realizza quello stato di equilibrio, da cui si muove e verso cui tende ogni attività naturale.